Da qui in giù il tema era "perchè il calcio femminile
non decolla ?"
...E CHE NE SO ? (giugno 2001)
Premetto che gioco a calcio e che adoro lo sport che faccio....Perché
il calcio femminile non decolla????... A parer mio non siamo noi che ci
dovremmo porre questa domanda. Noi ce la mettiamo tutta e, anzi, sempre
a parer mio, dovremmo essere più "ben viste" dei colleghi maschi.
E' semplice. Al giorno d'oggi non esiste più, o almeno non esiste
più in parte, un solo giocatore che giochi a calcio per puro divertimento
e passione. La colpa non va ricercata solo nel carattere di quest'ultimo,
ma nella marea di soldi che non appena dice Ah, gli piomba addosso. E magari
lui non sa neanche perché. I soldi prima di tutto. Questo è
il motto su cui si basano i giocatori maschi. Non è giusto, ma è
così. Ormai nessuno può più negarlo. Io ne ho viste
di partite, ne ho giocate, e ho fatto anche la mia bella panchina, ma sia
che la mia squadra vincesse, sia che la mia squadra perdesse, era un fatto
relativo perché comunque io ero lì, mi stavo divertendo e
ero parte di loro. Ero parte di quella squadra. L'importante è dare
il massimo, far vedere come si gioca con un pallone fra i piedi, il resto
non sono che chiacchere. Il calcio femminile non decolla perché
ha poco spazio, non ha pubblicità, non si vedono partite in televisione,
non su canali conosciuti almeno, canali nazionali, e perché gli
uomini, da generazioni e generazioni, sono maschilisti. Noi a casa a fare
le faccende domestiche, loro fuori a lavorare e divertirsi (o magari
a fare i siti sul calcio femminile, ndr). Noi macchine per bambini,
loro macchine per soldi. Nonostante i vari cambiamenti di questi ultimi
tempi, credo che la mentalità maschile non sia cambiata. Non puoi
cambiare certe cose. Sono nella natura. Per loro noi non siamo all'altezza.
Per loro noi non possiamo picchiare, sporcarci, farci male, per loro noi
siamo bamboline. E' così che gira il Mondo, è così
che vanno le cose. Trovo in un certo senso ingiusto anche che ci siano
bagni femminili e bagni maschili. In fondo dentro un bagno non ci entra
comunque nessuno, e fuori non ci dovrebbe essere differenza. Per lavarsi
le mani servono distinzioni di lavandini, di asciugamani per asciugarsi
o di carta igienica? E' stupido. Però è così. E' banale
come esempio, me ne rendo conto, ma è inutile che ci raccontiamo
che ormai l'uomo e la donna sono considerati alla pari, è una balla,
una presa in giro. Non ci crede più nessuno. Si fa tanto scalpore
solo perché una donna tira di boxe... Embè?? Non si può
fare?? Penso che in ognuno di noi ci sia il lato maschile e il lato femminile.
In tutti noi. Ma per capire la non parità di sesso, basta, appunto,
pensare al calcio. Dei giocatori maschi si parla anche delle morose, di
quante volte escono la sera, o di cosa mangiano a colazione, di noi donne
si sa unicamente la partenza di un campionato importante (gli Europei)
in un sottotitolo del giornale locale. Non è giusto ma sarà
sempre così. Non c'è un vero motivo nel perché il
calcio femminile non decolla. L'unica cosa è questa. Perché
non siamo tutti uguali. Perché anche se siamo nel 2001 ci sono ancora
distinzioni di razze, di sesso, di religioni...Bisognerebbe dire "Basta".
Bisognerebbe mettere la parola "fine" a questo calvario dell'inferiorità
femminile che va avnti da secoli. Ma nessuno avrà mai il coraggio
di farlo. Nessuno. E noi donne saremmo sempre costrette a guardare, senza
poter far niente per cambiare le cose. Ci vorrebbe un miracolo. Ci vorrebbe
una dimostrazione. E io, più che giocare a calcio, più che
credere in quello che faccio, più che lottare per i nostri diritti
e le nostre passioni, più di questo, io, che ho appena 15 anni,
non posso proprio fare. Mi dispiace per chi ama il calcio, per chi ama
lo sport, quello vero. Senza distinzioni. Mi dispiace per chi sogna, e
per chi, come me, non si arrenderà mai. Per chi cade e si rialza.
Mi dispiace non poter fare di più. Ma noi donne la nostra parte
la stiamo facendo. Ora tocca ai nostri amati colleghi maschi...
Francesca
Interviene Brontolo: finalmente parla una ragazza.... qualcun'altra
?
Ci passa avanta il rugby ! (aprile 2001)
Da buon sociologo dello sport voglio presentare una mia piccolissima riflessione
sul c.f. italiano.
Dopo aver visto il reportage di quasi un minuto (!!!) sul Tg3 Sport
di stasera (lunedi' 23/4) sulla bella vittoria dello scudetto delle "Red
Panthers" di Treviso (rugby femminile), mi sono reso conto (ma gia' da
molto tempo) che difficilmente il c.f. italiano
arrivera' ai livelli di sport (in termini d'attenzione) come la pallavolo
femminile oppure anche il rugby femminile perche', ironicamente, il c.f.
italiano proviene da una "costola" dello sport principale per eccellenza
italiano, cioe' il calcio
maschile. Come l'hockey femminile canadese oppure il football femminile
americano non potranno mai avere l'attenzione che meritano (per via che
questi sport sono tra i primi come sport nazionali nei due paesi), cosi'
sara' con il c.f. italiano. Il vantaggio che ha il c.f. americano
e' che il c.m. americano al momento, e chissa' per quanto tempo nel lontano
futuro, non e' tra i primi quattro sport tradizionali americani.
Il c.f. americano non viene, come in Italia, continuamente paragonato a
quello maschile. Loro (cioe' le donne) SONO IL CALCIO IN AMERICA!
Non ho francamente mai visto trattato il c.f. come era stato trattato
oggi (23/4) quello del rugby femminile, almeno non in televisione.
I giornalisti sembravano quasi "commossi" a riprendere le scene della vittoria
delle Red Panthers e i loro festeggiamenti dopo la partita.
Ci sara' un giorno la Coppa dei Campioni. Ci sara' forse anche
un giorno la lega pro in Italia, ma molto difficilmente parleranno del
c.f. come parlano per esempio della scherma femminile oppure della pallavolo
femminile. Subcoscientemente credo che per molti esperti (Biscardi,
Mosca, ecc.) il c.f. e' come un "insulto" al loro gioco. Sono sicuro
che per molti la bellezza del c.m. in qualche modo viene "degradato" da
persone che stanno cercando di imitare quello che fanno gli uomini, ma
in molti casi con pochissimo successo (solo perche' le donne, che tra l'altro
ce la mettono tutta, sono svantaggiate perche' non possono allenarsi quanto
lo fanno Del Piero e C.).
Dobbiamo contentarci dei piccolissimi passi che il c.f. italiano sta
facendo. Di piu' credo che non si puo' fare (almeno non come lo stanno
facendo gli americani).
Interviene Brontolo: maschi 3, femmine 0, scusate se mi ripeto
ma vorremmo sentire la voce di una donna.
..e vai col dibattito ! (aprile 2001)
Vorrei rispondere a Andrea Sini che ha espresso opinioni
simili alle mie, ma anche opposte.
Primo punto: il professionismo è difficile da attuare
se non vi sono regole piu' o meno definitive e no c'è unione tra
le federazioni e le società. Secondo me il primo passo sarebbe quello
di creare una società di Lega, come il maschile, ma indipendente.
che possa spingere le necessità delle società.
Un'altra soluzione sarebbe quella di "obbligare" le società
maschili di A, B e C di creare un settore femminile, diretto o indiretto,
cioè con diretto controllo, gestione e denominazione, o indiretto:
con sostentamento economico e appoggio strutturale di squadra con diversa
denominazione e costituzione societaria diversa, ma comunque fortemente
legata alla società maschile.
Secondo punto: secondo me i pregiudizi dipendono dalle società
e dai Presidenti. Se c'e' qualcosa che cova, va subito tolto dal gruppo.Giusta
la soluzione della scuola, che va potenziata.
Terzo punto: Come ho cominciato io, molti dirigenti sono genitori
di giocatrici e qualcuno ha detto "un genitore di una giocatrice NON puo'
essere un buon dirigente" soprattutto se vi sono altri dirigenti-genitori.
Quarto punto: Secondo me il modello dei play-off è poco
simpatico al pubblico e, devo dirlo, anche ai giocatori. Dobbiamo invece
spingere sui mass-media, l'esempio è Tele Sardegna che tutti i sabato
sera trasmette una sintesi delle squadre sarde. Ripeto, dobbiamo creare
una o piu' strutture indipendenti, non per gli incontri o per i campionati,
ma per discutere
i problemi e cercare le soluzioni. Per il livello di gioco devo riconoscre
che l'abbassamento dell'eta' nei vari tornei ha costretto le società
a creare dei vivai che creano una nuova generazione e un livello adeguato
alle aspettative. Secondo me, oggi, alcune squadre di serie C potrebbro
tranquillamente giocare nel campionato di serie A.
Quinto punto: La federazione e le società devono premere
sui mass-media e sulle amministrazioni locali, solo cosi' nascerà
l'interesse e i soldi necessari arriveranno.
Ringraziando,
Marco Costantini
Interviene Brontolo:
scusate se insisto, ma riusciremo a fare a meno di frasi come "fare
pulizia" o "va subito tolto dal gruppo"?
Molto apprezzabile invece la frase "la federazione e le società
devono coinvolgere i mass-media".
Avanti un altro..... preferibilmente un'altra (perchè
poi va sempre a finire che il dibattito sul calcio femminile si fa tra
maschi....)
Riflessioni sul calcio femminile italiano (aprile
2001)
Sassari, aprile 2001
Con il campionato professionistico americano alle porte, è
forse giunto il momento di fare alcune riflessioni sul calcio femminile
in Italia.
Il punto di partenza, per quanto amaro, è che nella
concezione popolare nostrana le donne che giocano a pallone sono tuttora
una delle ultime ruote del carro dello sport. E allora giù gli addetti
ai lavori a cercare spiegazioni e a spaccarsi la testa per trovare il modo
di lanciare una disciplina che sembra perennemente sul punto di spiccare
il volo ma alla quale manca sempre qualcosa.
Lungi da me l'intenzione di proporre teorie inconfutabili
e soluzioni certe, mi pare interessante aprire un dibattito su come portare
il calcio rosa quantomeno al livello degli altri sport al femminile.
1) Ci si interroga sul se il campionato professionistico
americano avrà un'influenza benefica sul nostro e se un progetto
del genere sia attuabile da noi. Al primo quesito credo si possano dare
due risposte: ci sarà sì la possibilità di "copiare"
e di importare cose positive, ma mi sento di dire che difficilmente si
arriverà oltre. La seconda domanda - premesso che attualmente non
è dato sapere se la W-League avrà successo negli USA - mi
pare sia semplicemente retorica, nel senso che ora come ora è davvero
impensabile impiantare una struttura professionistica in assenza di mezzi,
di seguito, di dirigenti capaci (ma su questo torneremo tra poco) e soprattutto
di una cultura dello sport inteso come professione. Per dirla in termini
spiccioli, la presenza di Patrizia Panico sarà fondamentale per
invogliarci a vedere cosa sta succedendo oltre l'Atlantico, ma da qui a
imitare effettivamente il modello statunitense la strada è molto
lunga.
2) Il calcio femminile in Italia è frenato da diversi
fattori: il primo è, anzi sono, i pregiudizi. Le madri tendono ancora
a storcere il naso se una figlia vuol giocare a calcio: -Se proprio
ti piace lo sport, figlia mia, ti porto a giocare a pallavolo.- In
quante se lo sono sentito dire? Come punto di partenza non c'è male;
e poi: - Le calciatrici hanno certe tendenze, non li leggi i giornali?
Non vorrai diventare così, figlia mia?-
E allora da dove si inizia ad eliminare i pregiudizi? Io dico dalla
scuola: tutte le scuole americane hanno una squadra di soccer femminile;
e sarà un caso ma in America il calcio è praticato più
dalle femminucce che dai maschietti.
3) Altro ostacolo: i dirigenti. Sarà un caso anche
questo, ma tra una cosa e l'altra ci tocca sempre parlare più della
- chiamiamola così - "non competenza" dei dirigenti che di quello
che succede in campo. Certo, un presidente mette i soldi e l'impegno, ma
le atlete non sono sua proprietà, come molti ritengono: lo schiavismo
è stato abolito sin dal Congresso di Vienna. Quindi se uno non mantiene
gli impegni (rimborsi, attrezzatura, promesse di impiego etc.) che venga
radiato; proviamo a fare un po' di pulizia. Non si può permettere
che l'anno successivo un presidente inadempiente prenda in giro altre 18
ragazze.
Un altro luogo comune da sfatare è che i presidenti ci rimettono
e basta, senza mai guadagnare: nella maggioranza dei casi è sicuramente
così, ma i recenti episodi di corpose sponsorizzazioni regionali
intascate e non spese destano più d'una perplessità.
4) Nuovo, doloroso capitolo: perchè il campionato
è poco seguito?
Semplice: non è interessante. Non dobbiamo aver vergogna di
ammetterlo; l'attuale formula è assolutamente limitativa dello spettacolo.
Già a dicembre la metà delle squadre è salva ma non
può più competere per lo scudetto; così, non essendoci
altri obiettivi, molte squadre si sfasciano, qualche presidente si può
permettere di mandare via delle giocatrici per risparmiare ed il campionato
viene falsato. Ma soprattutto gran parte delle partite è priva di
interesse per il pubblico, per le atlete, che non sono stimolate, per tutti
insomma.
Si potrebbe adottare una formula che preveda i play-off per lo scudetto
ed i play-out per non retrocedere: il campionato si giocherebbe sino alla
fine. Troppe partite? Benissimo, diminuiamo il numero delle squadre in
serie A: ci sarà meno dispersione di giocatrici brave e si otterrà
anche il vantaggio di innalzare il livello del gioco. Parliamoci chiaro:
chi conosce il calcio femminile per sentito dire pensa che ogni partita
finisca 8-0. E un motivo ci dovrà pur essere: i divari sono troppo
spesso incolmabili, più squadre ci sono e più formazioni
deboli avremo.
5) Altra questione: chi porta i soldi veri, quelli che
servono a fare il salto di qualità, è la televisione, ma
qui sorge un problema grosso: il calcio femminile è a mio avviso
uno sport molto poco televisivo; la tv non gli rende giustizia, nel senso
che quella che dal vivo è stata una partita divertente e coivolgente,
vista nel piccolo schermo può risultare noiosa e priva di interesse.
Questo è dovuto al fatto che siamo abituati a vedere in tv il calcio
maschile, con tutto ciò che ne consegue. E' quindi necessario che
la gente si abitui a vedere lo sport del calcio femminile come tale: qualsiasi
paragone con quello maschile è fuori luogo.
Spero che quelle che sono solo delle idee -personalissime,
per quanto basate su presupposti oggettivi- servano da spunto per discutere
e confrontare i diversi punti di vista di chi davvero vive il calcio femminile,
al fine di migliorarlo e farlo diffondere.
La strada è molto lunga: non c’è motivo
per non iniziare a percorrerla adesso.
Interviene Brontolo:
Sono sostanzialmente d'accordo con quanto scrive Andrea Sini anche
se...
- preferirei evitare frasi come "facciamo pulizia", meglio dire
"rilanciamo la questione morale" che è la stessa cosa ma suona meglio....
- non mi convince la formula dei play-off, giusto ridurre l'organico
del campionato, magari la classifica finale della serie A potrebbe servire
da criterio per formare dei tabelloni di una Coppa Italia a eliminazione
diretta da giocare tutta in primavera. Chi va fuori se ne va a giocare
i tornei minori e chi resta fa spettacolo e promozione.
OK, tocca a voi altri: fuori le idee (sono particolarmenete gradite
quelle delle calciatrici).