agosto 2001
CHE STAGIONE TRAVAGLIATA!
Si ricomincia.
Abbiamo archiviato anche la stagione 2000/2001 e d'istinto mi verrebbe
voglia di scrivere che è stata una stagione travagliata.
Seguendo questa ispirazione potrei elencare alcuni dei "casi" della
stagione a riprova della mia affermazione: dalla rocambolesca rielezione
di Natalina Levati come presidente della DCF fino alla rinunce alla serie
A, da parte di società con alle spalle storie importanti. E nel
mezzo ci starebbe un altro bel po' roba.
Pensandoci bene mi ricordo che anche nella stagione 1999/2000 di travagli
ce ne sono stati parecchi, e polemiche e pasticci non mancarono nemmeno
nella stagione 1998/1999. Vado sempre più indietro con la memoria
e non trovo una stagione sportiva immune da errori, polemiche, casi, dure
contrapposizioni interne o magari anche fra il movimento stesso del calcio
femminile e il resto del mondo....
Pensandoci bene questa stagione 2000/2001 che stavo per bollare come
travagliata non è stata poi così diversa dalle altre.
Sembra quasi che il calcio femminile sia in qualche modo destinato a trascinarsi
conflitti, prevalentemente interni.
Eppur si muove.
Anche se ai "giovani", anzi, alle "giovani di oggi" sembra troppo poco
la diretta delle partite della nazionale su Eurosport, e invocano per questo
più spazio nelle TV terrestri, noi "vecchi" ci ricordiamo che degli
Europei del '97 nessuno, neanche sul satellite, ci ha fatto vedere la storica
vittoria dell'Italia sulla Norvegia. E prima di allora la TV era un'altra
cosa: la Rai non era ancora del tutto entrata nella micidiale spirale dell'Auditel.
Se è vero che in passato RAI e TMC trasmisero telecronache dirette
delle partite della nazionale è pure vero che la TV in generale,
servizio pubblico compreso, nel corso di questi ultimi anni ha preso
sempre di più un taglio commerciale: il calcio femminile è
affondato insieme a tante altre cose molto diverse come il teatro o la
fantascienza, il romanzo sceneggiato... i cosiddetti spettacoli "di nicchia".
Tutti noi che, in un modo o nell'altro, facciamo parte di questo movimento
sportivo, dobbiamo un po' decidere cosa vogliamo: vogliamo diventare un
fenomeno di massa? be', gli spazi televisivi non sono un nostro diritto
in una società basata sulle cosiddette regole del mercato. Che ci
piaccia o no questa è la società in cui viviamo, che ci piacciano
o no le regole del mercato sono le leggi assolute di quasi tutto il pianeta
(anzi pensandoci bene proprio di tutto il pianeta). Voler cambiare o no
queste regole è un discorso che non riguarda questo contesto: è
un dato di fatto che ci sono e quindi sarà tramite queste regole
che potremo emergere.
Se vogliamo davvero tanto questa visibilità che porterà
così tanti benefici non dobbiamo sperare in effimeri successi della
nazionale né accampare diritti che in fin dei conti non abbiamo.
Esiste un altro modo: la serietà, la costanza, essere una presenza
stabile nella società, fare in modo che i media vengano a bussare
alla nostra porta anzichè il viceversa. In TV trasmettete quello
che volete ma noi siamo qui. Sui giornali scrivete quello che vi pare ma
noi siamo qui. Noi siamo qui oggi e ci saremo domani. E ci divertiamo così.